Ecco il mio “sguardo di periferia” su come approcciarsi all’autismo, in cinque punti.

Salve!

In questo post voglio illustrare come approcciarsi all’autismo in cinque punti:

  1. Osservazione attiva delle capacità della persona. Quando mio fratello era piccolo (parlo dei primi anni Novanta) e ancora non si avevano tante fonti di informazione, mio padre lo filmava per mostrare tutto ciò che lui faceva all’équipe dell’ospedale di Pisa che lo seguiva. Perché ho scritto “osservazione attiva”? Perché se ci si svincola da determinati bias sull’autismo e si osserva la persona interessata semplicemente per come si mostra, la mente potrà aprirsi a nuove sfumature di comportamenti, modelli relazionali ed emozioni. La person autistica osserva, concepisce e agisce nel mondo secondo dei propri parametri, talvolta simili e talvolta dissimili a quelli di persone non autistiche. Bisogna, quindi, lasciare che sia questa persona ad aprirsi davanti ai nostri occhi.

  2. Logopedia. Il primo Centro frequentato da mio fratello, il Dinastar (Napoli centro), fu di grandissimo aiuto da questo e da altri punti di vista. Lui ha una dialettica invidiabile, soprattutto quando vuole raggiungere un determinato scopo. Ha un’ars oratoria innata e parla rigorosamente in italiano, ma talvolta si lascia andare a qualche forma di intercalare napoletano che suscita grosse e genuine risate anche da parte sua.

  3. Incanalamento delle capacità. Tramite il Centro Buonincontro (Casalnuovo di Napoli, NA) si è avuto modo di scoprire due particolari talenti di mio fratello: il punto croce e soprattutto il traforo. Sul mio blog puoi trovare ben 10 articoli a tema traforo più quello introduttivo.

  4. Microbo commensale Lactobacillus reuteri. Secondo questo articolo “il microbo commensale Lactobacillus reuteri può migliorare il comportamento sociale in diversi modelli murini di disturbo dello spettro autistico (ASD)”.

  5. Trattare la persona con la stessa dignità con cui trattiamo le altre. Fino ai miei 34 anni (e ai suoi 32) io da single quanto io e mio marito da fidanzati, da sposati e da neogenitori, ci siamo sempre occupati di lui (quasi) come se fosse nostro figlio e amico, giocando insieme (soprattutto quando lo permetteva lui, di usare i suoi videogiochi e di giocarci insieme), uscendo con lui e con le nostre amicizie e conoscenze, partecipando a eventi come “Giochi senza barriere” e raccontando a chi è neofita riguardo all’autismo le esperienze vissute insieme a lui. Fosse dipeso interamente da me (e credo pure da nostro padre, se fosse stato ancora in vita), lui sarebbe stato sempre più autonomo: magari a quest’ora avrei una cognata in più sulla quale contare (una già ce l’ho ed è la mia sorella di fatto), avrebbe una famiglia sua o comunque condurrebbe una propria vita da single (ma se mi sono permessa di parlare di cognate e famiglie è SOLO perché lui è etero – esprime ciò ogni volta che dice che non gli piacciono gli uomini e che si danno i baci solo alle donne – e perché tante volte ha chiesto di potersi sposare). Perché ho scritto “fino ai miei 34 anni?” Perché purtroppo nella rottura del “cerchio”, di cui ho parlato in diversi post precedenti, è rimasto coinvolto pure lui solo perché non vive con noi. Ma questa è un’altra storia.

    Tu come ti approcci a persone autistiche?

    Raccontami la tua esperienza!

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