Ecco il mio “sguardo di periferia” sul “cerchio”, da non intendersi come elemento geometrico, bensì come modello relazionale.

Salve!

Questo post è dedicato al “cerchio” inteso non come figura geometrica (conosco l’aritmetica e l’algebra, ma non ai livelli di chi insegna matematica), bensì come modello relazionale.

Voglio ricordare che “Sguardi di periferia” fornisce il proprio sguardo sulle dinamiche relazionali, soprattutto su quelle che si instaurano all’interno di una famiglia.

Cos’è il cerchio per me

  • È un contenitore di dinamiche relazionali in cui ogni persona ha un ruolo (ho parlato dei ruoli in questo post).

  • È un vincolo: il cerchio si attiva nel momento in cui ogni persona assume un ruolo e a quel ruolo bisogna attenersi, secondo la mentalità di chi fomenta tale cerchio. Non c’è scampo: “o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”.

  • È una prigione: il cerchio è chiuso e ha al suo interno tutto ciò che serve per tenerlo in vita, ossia tutta una serie di tattiche di cui ho parlato già in questo post.

  • È una tradizione: tutto ciò che si consolida nel tempo rientra nel concetto di “tradizione”, quindi perché non il recipiente di dinamiche relazionali in cui si assegna un ruolo a chiunque?

  • È un gioco di potere: proprio perché ci sono dei ruoli al suo interno, chi tesse la tela di questo cerchio instaura dei giochi di potere che io ribattezzerei col termine “torture per il potere”. Queste torture sono di vario tipo e intensità: fisiche, psicologiche, verbali, non verbali, ….

Uscire da questo cerchio si può, anche se il prezzo da pagare è molto alto.

Vuoi scoprire come fare?

Aspetta il prossimo post sulla rottura del cerchio e sui pro e contro di tale scelta.

Grazie per aver letto il Substack di “Sguardi di periferia”. Questo post è pubblico, quindi prenditi la libertà di condividerlo.

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